Gruppo del Confinale, il lago della Manzina

Nessuna vetta ma un lago come obiettivo. Perchè? Perchè era perfetto così.
Una breve salita ed un dislivello non eccessivo per una chicca di laghetto alpino. Sopra e a Nord di Santa Caterina Valfurva si alza il Confinale, interessante gruppo che dalla cima offre panorami vastissimi. Al suo centro, ad un'ora e poco più dalla vetta, in bella posizione questo verde e limpido laghetto alpino.


Una breve e facile escursione per chiudere la settimana valtellinese, una delle mete che ci eravamo prefissati, non abbiamo potuto e voluto raggiungere il monte Confinale da cui avremmo visto panorami spettacolari verso l’Ortles per via del meteo che oggi nel pomeriggio davvero prometteva temporali, ci siamo goduti uno splendido laghetto alpino con vista, tanto per cambiare, sul ghiacciaio dei Forni. Partiamo anche oggi dal rifugio dei Forni, si poteva scegliere diversamente, dal rifugio Stella Alpina, un chilometro prima oppure direttamente da Santa Caterina Valfurva, abbiamo preferito accorciare il più possibile tempi e dislivello. Per la serie di tornanti che avevamo già percorso in discesa quando siamo tornati dal rifugio Casati raggiungiamo la carrareccia che taglia a mezza costa il versante, sentiero 527; si prende a sinistra e per circa due chilometri e mezzo non la si lascia più. In corrispondenza di una ampia valle erbosa, valle Manzina appunto, una palina indica la deviazione per il lago e per il bivacco Del Piero/monte Confinale; si imbocca la traccia sulla destra che inizialmente si allunga con leggero dislivello tra alte praterie; si guada un ruscello visibile solo in prossimità e raggiunta la testata della valle si prende a salire il ripido versante grazie a frequenti tornanti che attenuano non poco la pendenza. Lo strappo dura poco, la pendenza cambia e si fa di nuovo leggera, davanti una serie di brevi salite e come al solito un mare di rocce scure, aprono sulla sinistra alle cime del Confinale e della Manzina; ma è alle spalle, direzione Sud, che si aprono i panorami più belli, proprio davanti la valle Manzina si alza Punta Tresero, vista da qui è una massiccia piramide nera dalla cui cima si stacca una lingua sottile del ghiacciaio, sicuramente la vista più bella di questa montagna, alla sua sinistra si spazia fino al ghiacciaio dei Forni mentre sulla destra si allunga la Valfurva fino a passo Gavia. Dopo una serie di sali e scendi, dove da sopra ogni gobba ci si aspetta di vedere apparire lo specchio d’acqua che puntualmente non c’è, arriviamo al lago (+2,15 ore), che è pre annunciato da una palina segnaletica, questa si visibile a distanza. Più grande di quanto pensassimo, limpido, riflessi verdi intensi, il suo immissario è sul lato opposto, un ruscello carico che scende con rami diversi dal versante ripido che lo sovrasta; a giudicare dal perimetro arretrato, inconfondibili le tracce che l’arretramento dell’acqua ha lasciato, anche i laghetti alpini stanno subendo la stessa sorte dei ghiacciai. Lo aggiriamo per un terzo sulla sinistra, uno dei lati più corti, il lago è una sorta di lunga nocciolina quasi ellittica, e ci troviamo una postazione dove mettiamo le radici; oltre lo specchio d’acqua, che cambia colore e trasparenza ad ogni refolo di vento, l’orizzonte sconfina sul ghiacciaio dei Forni, regna un silenzio ed una pace incredibili, poche sono le persone intorno al lago e poche ne sono arrivate successivamente, tutte sono rimaste a debita distanza dalle altre per preservarsi integro e silenzioso questo angolo di paradiso. Il Confinale è la dietro, si confonde con Cima Manzina, servirebbe solo un’ora e mezza per raggiungerlo, di sentiero anche facile, ma come detto prima non ci siamo fatti tentare per via del meteo che avrebbe guastato intorno alla metà del pomeriggio; e poi era così perfetto tutto che non abbiamo sentito altro bisogno che quello di vivere il momento. Un paio di escursionisti hanno trovato il “coraggio” di tuffarsi nelle acque del lago e a giudicare dalla poca fretta che avevano di uscirne devono aver trovato anche un innegabile, “quasi” invidiabile piacere; tra diversivi di questo genere, il gusto di perlustrare con gli occhi ogni dettaglio intorno, percepire ogni tonalità del lago che cambiavano frequentemente, tra silenzi introspettivi e piacevoli chiacchierate ci siamo così sentiti bene in questo fazzoletto di Alpi che il tempo ci è volato, solo le nuvole che si addensavano ed un vento fresco che si andava alzando ci hanno dato la scossa, solo allora abbiamo guardato l’orologio e ci siamo accorti con grande sorpresa che era passata un’ora e mezza. Era ora di alzare le tende e ridiscendere; con grande dispiacere comunque. Come usciamo dal catino del lago e l’orizzonte si estende fino oltre Punta Tresero capiamo che anche evitando di raggiungere la cima del Confinale non ci saremmo risparmiati una quasi certa annaffiata. Sulla zona del passo Gavia erano chiare e grosse le colonne d’acqua che lavavano per bene quel versante, Punta Tresero era già confusa in una “promettente” caligine, quando prendiamo a scendere dentro valle Manzina la brezza fresca è quella che annuncia pioggia. Inutile accelerare, quelle colonne grigie si avvicinavano troppo velocemente, se non cambiavano direzione ci saremo stati dentro da li a poco, ormai contava solo scendere il più possibile di quota, raggiungiamo la sterrata che traversa il versante, gli orizzonti intorno non esistono più e non rimaneva che attrezzarsi col guscio e coprire gli zaini; non abbiamo fatto nemmeno in tempo che è iniziata la pioggia, ed è stata meno intensa di quello che ci saremmo aspettati, anche se ci ha accompagnato per tutto il rientro fino al rifugio dei Forni (+1,45 ore). Rientro mesto quindi, non tanto per la pioggia, in montagna ci sta, ma perché sotto la pioggia si chiudeva la nostra settimana alpina, la nostra esperienza con la Valfurva, con il parco dello Stelvio, con le quote dei 3000. Mesti ma felici, e illuminati. E’ stata una esperienza diversa, quasi nuova, “un’altra” montagna e più vera, meno frequentata, che ti si appiccica addosso; non penso di tradire il primo amore, le Dolomiti, ma quassù ci siamo sentiti a tu per tu con un ambiente che ci ha avvolto, ci ha fatto entrare in punta di piedi, che ci ha fatto esplodere rispetto e ammirazione, che ci ha fatto sentire anni luce lontani dai “parchi giochi” delle Dolomiti. Montagne enormi, valli infinite, ghiaccio, torrenti, laghi, mille occasioni per vivere aspetti diversi della montagna, possibilità infinite di concatenamenti senza per forza dover raggiungere una cima per sentirsi appagati. E silenzio, silenzio, silenzio, lontanissimi dalla confusione e dalle processioni delle ferrate, dalle ricostruzioni delle abitudini cittadine in montagna, dai rifugi a cinque stelle. Ci siamo innamorati di “queste” Alpi. Quello di oggi è solo un nostalgico arrivederci. E per chiudere davvero bene la settimana la serata è finita sotto un temporale, dentro un agriturismo, con brasato, polenta e vino rosso e temperatura che non superava gli 11°. Avremmo voluto che non finisse più.